
Anche se non sono sicuramente la persona più qualificata per parlare di Arte e della sua Storia, anzi personalmente mi ritengo un cronico ignorante sull’argomento, vedrò di nonprendermi troppo sul serio e parlare delle mie impressioni anche dal basso della mia ignoranza (a questo servono i blog, giusto?).
Mi permetto quindi, in seguito alla mostra di Milano Scapigliatura, un ‘pandemonio’ per cambiare l’arte, di scrivere un paio di riflessioni.
La Scapigliatura (com’è possibile leggere estensivamente su qualsiasi enciclopedia o libro di storia dell’arte) è un movimento artistico sviluppatosi nell’area milanese nella seconda metà dell’ottocento con lo scopo di ribellarsi ai canoni accademici e culturali del loro secolo, come magistralmente delineato da Arrighi:
Questa casta o classe - che sarà meglio detto- vero pandemonio del secolo, personificazione della storditaggine e della follia, serbatoio del disordine, dello spirito d’indipendenza e di opposizione agli ordini stabiliti, questa classe, ripeto, che a Milano ha più che altrove una ragione e una scusa di esistere, io, con una bella e pretta parola italiana, l’ho battezzata appunto: la Scapigliatura Milanese"
- Cletto Arrighi, Introduzione, La Scapigliatura e il 6 febbraio -
Il manifesto della scapigliatura tuttavia fornisce una ottima idea degli intenti ma senza una contestualizzazione precisa difficilmente potrà essere compresa nei modi in cui questo “pandemonio del secolo” prende forma. Nelle arti visive la scapigliatura rimarca un punto di rottura soprattutto con il romanticismo: in contrapposizione allo stile elaborato e dettagliato si ricerca uno stile essenziale che nasconda espressioni dietro a pennellate grosse e marcate.
L’arte pittorica scapigliata fonda il suo contenuto sull’intuzione delle forme a partire da indizi visivi impliciti: nella famosa opera di Cremona “l’Edera” il rapimento dei due amanti, non è dettagliatamente dipinto per rappresentare con precisione l’espressione innamorata, ma abbozzato con poche, importantissime pennellate ed è lasciata allo spettatore la rielaborazione personale e la deduzione della figurazione.
Ciò che mi ha colpito della scapigliatura milanese è il suo forte impatto fotografico: la tecnica pittorica spesso pone la contrapposizione di diversi piani focali in cui è il soggetto a risultare sfocato. Ne risulta una destabilizzazione che, ne “l’Edera”, è palese a partire dal titolo. In un’opera in cui il dettaglio viene privato di fini rappresentativi, la composizione è il vero tramite per guidare lo sguardo verso il soggetto; ne “La piccola fioraia” Carcano ha studiato la composizione sfruttando i terzi e le regole prospettiche per giocare fra soggetto e ambiente in un ritratto ambientato che sembra opera del miglior Cartier-Bresson.
Sebbene queste linee guida rimangano caratterstiche costanti che si possono ravvedere in ogni dipinto degli scapigliati, per lo stesso carattere di ribellione nei confronti dell’accademicismo artistico, ciascun opera possiede caratteristiche peculiari non codificate in un organico scolastico (se non in un ultimo periodo a ridosso del ‘900).
Purtroppo causa problemi tecnici sono stato poco tempestivo nel redarre l’articolo e la mostra è finita Domenica 22, ma spero comunque di aver instillato una certa curiosità, a proposito dei paralleli fra tradizione pittorica e fotografica e ad approfondire i collegamenti fra queste due forme d’arte.
PS: Le immagini sono state tratte siti con licenza Creative Commons ed aggiustateda me nel contrasto, gamma e colore (che trovavo poco realistiche).
Comments
Comment by mauro on 2009-11-30 13:05:01 +0000
Ottimo parallelo fra quest’arte e quella fotografica, soprattutto sull’utilizzo della “profondità di campo”. L’edera - che vedo per la prima volta - è davvero un’opera densa e sicuramente, ai tempi, innovativa.
Insomma altra roba da leggere e approfondire. Ti dovrei insomma mandare a… quel paese Carissimo! Ma non ci riesco. Ti lascio piuttosto con un bel GRAZIE! 😉
yours
MAURO