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Tragedy of the Commons

Pescatore - Porto Cesareo (LE)

Tragedy of the Commons è il titolo di un articolo pubblicato su Science del 1968. Esso descrive come il “problema della popolazione (e delle sue risorse ndR) non può essere risolto in modo tecnico nè più nè meno di come non sia possibile vincere una partita di tris”. Tendenzialmente la condivisione di un bene fra diverse entità che lo sfruttano determina la sua inesorabile, senza rimorso, tragedia.

Fondamentalmente la questione è semplice: immaginate un lago con dei pesci ed un piccolo villaggio di pescatori. Un tempo l’attività di pesca era in quantità tale da non minacciare la fauna locale ma con l’aumentare delle tecnologie e quindi del pescato il lago si stava spopolando. I pescatori del lago fondano un consorzio in cui si dividono le spese di depurazione, di eventuale ripopolazione…etc… del lago, lasciando quindi libero lo sfruttamento dello stesso.

Ogni pescatore quindi sa che per ogni pesce che pescherà oltre al limite di sostentamento del lago poi la collettività dovrà pagarne le spese, ma il vantaggio che ricaverà vendendo il pesce sarà individuale. E quindi singolarmente ha un vantaggio a pescare senza tregua più pesci possibili nonostante si sia istituito un consorzio per garantire la sanità dell’ambiente lacustre.

Il risultato è che, senza imporre un limite, il lago viene in ogni caso sfruttato nonostante l’organo di controllo, finendo privo di pesci, con spese per il ripopolamento troppo onerose da sostenere e i pescatori falliscono tutti lasciando un lago distrutto.

Lo stesso discorso si applica a ogni sorta di bene comune: acqua, foreste, ecologia mondiale, ma anche posteggi, bikesharing…etc… Il mondo è un unico, immenso, gioco. In cui molte risorse sono uniche, ed immensamente comuni (oltre alle più palesi come acqua aria…etc…). Spesso così nascoste nella vita e incasinate nel tessuto sociale da risultare inosservabili, o a volte semplicemente ignote ai non addetti ai lavori.
Vi siete mai chiesti il processo che spinge la burocrazia ad espandersi per soddisfare i bisogni della burocrazia stessa che si sta espandendo? Diverse entità agiscono egoisticamente per accaparrarsi un bene finito (potere).
Ecco, questo è un esempio pratico di Tragedy of Commons, che piano piano burocratizza l’ambiente e lo rende invivibile (fra l’altro la burocrazia è lo strumento che l’uomo ha inventato per schivare la Tragedy of Commons, ed essa stessa è un esempio di Tragedy of Commons… che ironia!)

La condivisione libera di un bene provoca la sua distruzione.

Le soluzioni che intravede XXX sono le più disparate: per trattare ogni bene esauribile non è possibile lasciarne libero lo sfruttamento se si vuole preservarlo. Dalla nazionalizzazione alla privatizzazione, dall’assegnazione su concorso fino alla lotteria, matematicamente sono tutte soluzioni equivalenti e ugualmente valide e in principio ognuna ha i suoi vantaggi e svantaggi manifesti.

Comments

Comment by zagrat on 2010-01-28 17:39:22 +0000

non trovo più dove votare l’articolo =P

Comment by Andrea on 2010-01-29 19:24:43 +0000

Dovrei inserire il plugin di gestione dei ratings, ma non ne trovo che mi piacciano.
Il voto è positivo spero! 😀

Comment by zagrat on 2010-01-29 21:25:41 +0000

oVVio!

Comment by Daniele on 2015-02-03 15:30:18 +0000

Trovo la cosa vera e verificabile solo in ottica di consumo “capitalistico” di suddetto bene, se il suddetto consorzio si organizzare per autosostenere una autarchia basata sul pesce del lago ne consegue che nessuno ha più del proprio bisogno ed il disavanzo verrebbe utilizzato per barattare altri beni con are realtà, esattamente quello che succedeva prima della 1GM… questo per dire che non è la collettivizzazione che depaupera un bene ma il suo sfruttamento a fini personalistici. ..

Comment by Andrea on 2015-02-04 08:34:11 +0000

Infatti dal momento dell’organizzazione consorziata il bene smette di essere “in comune” ed inizia a essere di proprieta' “del consorzio” in un certo senzo.

Appunto l’articolo parla di qualsiasi bene comune non-regolato, dal momento che ci si organizza in un regolamento, perfino implicito la “tragedy of the commons” si riesce a schivare ed e' li' che sta la speranza.

Ad esempio nel booksharing, in linea di principio tutti i booksharing completamente pubblici dovrebbero fallire: sono libri messi in comune, hanno un valore non nullo (nelle bancarelle dell’usato comunque i libri vengono a qualche centesimo o euro) in zone in comune senza un regolamento preciso o una vigilanza.

In effetti la maggior parte dei tentativi di booksharing nella maggior parte delle citta' fallisce (come a Milano mi ricordo un tentativo a Piola). Eppure in alcuni luoghi virtuosi (mi ricordo ad Heidelberg) il tentativo riesce ed e' fiorente, nonostante il bene comune non sia regolato esplicitamente e non ci sia alcun controllo coercitivo (nei Bar funziona spesso, ma c’e' il Barista che controlla per quanto non severamente, una clientela fissa, un imperativo morale)! Questo perche' la popolazione prevalentemente studentesca e' implicitamente conscia del valore dei libri, non si sognerebbe mai di rubare un libro in booksharing, di farne incetta per rivenderli, di sequestrarlo per la libreria personale, magari qualcuno se lo scorda e non lo finisce mai, ma qualun’altro ne riporta due nuovi, e il sistema riesce a rimanere in equilibrio dato che non c’e' dolo.

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