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FAQ sull’Energia Nucleare [v1.0] – parte 5 – GESTIONE IMPIANTI

Ecco a voi una parte più incentrata sulla gestione degli impianti

I rifiuti radioattivi possono essere trasportati in sicurezza?

 

Risposta breve

Si, i rifiuti radioattivi possono essere trasportati in sicurezza, non si è infatti mai registrato un evento INES inerente il trasporto di materiale radioattivo fuori da un impianto nucleare che abbia messo in pericolo la salute della popolazione, gli unici eventi mai accaduti sono quelli dentro i vari complessi industriali, energetici o di ricerca.

 

Risposta lunga

Il trasporto di materiale radiologico è una delle fase più accurate di tutto il processo di utilizzo di materiale radiologico. Il trasporto è soggetto a numerosi regolamenti sia nazionali che internazionali che ne regolamentano la procedura. Come per le spedizioni di denaro, tutti i tragitti e gli orari sono mantenuti segreti, ma rispetto a questi le sicurezze utilizzate sono molto maggiori.

Per il trasporto di elementi di combustibile esausto, i più pericolosi in caso di incidente perché possono somministrare elevate dosi, sono utilizzati trasporti speciali sia su gomma che su linee ferrate. I vari elementi di combustibile sono poi inseriti dentro dei CASK per il trasporto (denominati CASTOR), che sono studiati per resistere ad incidenti seri, si può immaginare un CASK come un lingotto di acciaio a forma di cilindro cavo. La forma è studiata per massimizzare la distribuzione delle forze in un eventuale impatto e la presenza di lamelle sulla superficie esterna permette di dissipare il calore derivante dal decadimento radioattivo degli elementi in esso contenuti.

Questi devono resistere a cadute da alcune decine di metri, resistere a potenti fuochi per 1h senza che l’elemento di combustibile in esso contenuto aumenti la propria temperatura di più di qualche grado, resistere all’impatto di un “treno standard”, tutto questo senza compromettere l’integrità dello stesso guscio protettivo se non in modo lieve ed impedire in modo assoluto il rilascio di materiale radiologico all’esterno.

Questi CASK sono poi messi su rimorchi o vagoni speciali, che hanno ulteriori misure di sicurezza come “airbag” alle due estremità dello stesso per smorzare ulteriormente eventuali altri urti.

In generale quindi difficile immaginare il trasporto in se come una criticità per la salute: la regolamentazione è ferrea e le misure anti-infortunistiche rigorose e il viaggio è un evento straordinario che avviene poche volte l’anno a fronte di immense quantità di elettricità generata.

http://www.world-nuclear.org/info/inf20.html

Per paragone il trasporto di Gas e petrolio ha determinato centinaia di morti, di cui almeno 26 eventi con più di 5 vittime nel trentennio ‘69-99 (vedi pagina 130 e seguenti http://manhaz.cyf.gov.pl/manhaz/szkola/materials/S3/psi_materials/ENSAD98.pdf).  

Non si sono ancora trovate soluzioni per le scorie e ci sommergeranno?

 

Risposta breve

Sono state trovate numerose soluzioni per lo smaltimento delle scorie derivanti dai processi che usano radioisotopi, alcune già attuate, altre in attuazione, altre in costruzione ed altre ancora allo studio. Non esiste e non esisterà però mai una soluzione definitiva per tutto, ma esisteranno soluzioni particolari per problemi specifici con differenti gradi di riutilizzo dei materiali o consumi di energie o risorse per la messa in sicurezza dei vari rifiuti.

 

Risposta lungaInnanzitutto si deve fare una distinzione fra scorie, esistono le scorie ospedaliere, le scorie industriali, quelle da elettrogenerazione e quelle da ricerca (che si possono in larga parte assommare a quelle dell’elettrogenerazione)

Si deve poi distinguere il loro livello di radiotossicità, infatti esistono scorie di I, scorie di II e scorie di III livello. Le categorie sono in ordine di attività, prime due categorie sono a bassa attività, generalmente composte da materiali contaminati  da materiali attivati (cioè materiali che, sotto flusso neutronico, sono diventati radioattivi in seguito a processi di assorbimento o emissione di nucleoni che hanno modificato gli isotopi stabili in instabili, vedi domanda “che differenza c’è fra attivazione e contaminazione?"), le scorie di terzo livello sono le più pericolose e generalmente sono prodotti di riprocessamento di scorie meno pericolose, parte dei rifiuti industriali, scientifici, ospedalieri e del combustibile nucleare esausto.

La quantità prodotta dipende molto dal tipo di centrale e dalla sua potenza (ovvero dal combustibile utilizzato), per dare una misura media le 218 le centrali oggi in funzione in Europa dei 25 producono annualmente 40 mila metri cubi (ovvero un cubo di 35m per lato) di rifiuti in totale annui di cui 4000 (un cubo di 16m per lato) di terzo livello, ovvero ad alta pericolosità. Di confronto nella stessa Europa sono 100 milioni di metri quadri i rifiuti industriali annualmente prodotti.

In termini energetici per ogni GWh (circa l’energia necessaria ad una metropoli come Milano per 1h) prodotto, in media europea, vengono prodotti 0.055 metri cubici di rifiuti radioattivi generici (di cui 0.0055 metri cubici ad alta pericolosità). Le centrali più moderne sono decisamente al di sotto di questa media. Per generare la stessa energia con carbone o lignite si produrrebbero (in media europea) 180 tonnellate, corrispondenti a circa 500 metri cubici, di rifiuti solidi.

http://titano.sede.enea.it/Stampa/skin2col.php?page=eneaperdettagliofigli&id=127

 

Il nucleare produce elettricità in modo rigido?

 

Risposta unica

No, è mantenuto costante ma è modulabile al pari delle altre fonti. Quando la porzione di nucleare nel mix energetico di una nazione è bassa rispetto al totale nazionale, c’è la convenienza economica di mantenere le fonti più economiche sempre in funzione (cioè nucleare e carbone), mentre quelle regolabili o costose in modulazione (cioè gas, e poi il petrolio per sopperire unicamente ai picchi). Quando invece la porzione di nucleare è alta c’è la convenienza economica di modularla al pari delle altre fonti di produzione elettrica.

 

Prendendo in considerazione il caso americano, il nucleare made in USA produce circa il 20% dell’elettricità degli stati uniti. In questa situazione il carbone ed il nucleare che assieme assolvono a quasi il 70% della produzione (il nucleare circa il 20%) vengono regolati molto poco, mentre si regolano il gas ed altri combustibili, mentre l’idroelettrico viene usato (ovunque) per compensare, rimanendo inattivo o in ricarica la notte ed in funzione di giorno, per diminuire la differenza di domanda da sopperire con la modulazione degli impianti a fossili, visto che la loro modulazione diminuisce l’efficienza dell’impianto ed aumenta quindi consumi ed emissioni a parità di energia prodotta.

 

All’opposto, si può considerare la Francia. Questa nazione produce circa l’80% della propria elettricità tramite il nucleare, tutta questa produzione obbliga ad una regolazione della fonte nucleare (questa è una delle due ragioni per cui il nucleare francese ha un fattore di carico così basso), il 15 agosto 2010 si ha avuto ad esempio una variazione in un intervallo da 33 a 42GW di potenza istantanea erogata nel corso della giornata, il dato della potenza funzionante non è noto.

http://clients.rte-france.com/lang/an/visiteurs/vie/prod/realisation_production.jsp

 

A pagina 257 di questo libro di 

APPUNTI DI IMPIANTI NUCLEARIParte II A:Filiere del Prof. Bruno Guerrini e dell’ing. Sandro Paci

(Facoltà di Ingegneria - Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione - Università di Pisa), si legge che “i progressi fatti nell’ambito del controllo e della regolazione degli impianti nucleari dimostrano come oggi essi siano diventati macchine flessibili, in grado di fornire le stesse prestazioni degli impianti termoelettrici tradizionali. Gli studi effettuati, convalidati da una serie di esperienze e test operativi, hanno dimostrato la possibilità di far fronte alle richieste della rete elettrica senza compromettere il livello di sicurezza e con un alto grado di affidabilità. La flessibilità raggiunta non ha compromesso la competitività dell’impianto e ha avuto il merito di dare un impulso all’acquisizione di nuove conoscenze ed alla loro applicazione":

per le macchine vecchie, le macchine nuove danno prestazioni a dir poco eccellenti, prendere ad esempio il caso ATMEA-1

http://www.atmea-sas.com/scripts/ATMEA/publigen/content/templates/show.asp?P=191&L=EN

Quanta energia fornisce una centrale nucleare?

 

Risposta breve

Considerando una normale centrale nucleare da 1000MW di potenza elettrica netta ed un fattore di carico dell’80% (fattore di carico medio mondiale), una centrale nucleare è in grado di fornire 7TWh di elettricità, pari al fabbisogno domestico di oltre 6 milioni di italiani o al totale di quasi 1.2 milioni (http://www.iea.org/stats/electricitydata.asp?COUNTRY_CODE=IT voce “Residential” e “Domestic Supply”). In aggiunta, si può utilizzare il calore di risulta per fare teleriscaldamento o per scopi industriali, soluzione utilizzata attualmente solo da alcune decine di reattori nel mondo, ma per cui sono al vaglio molti nuovi progetti di costruzione, per diminuire la richiesta di combustibili fossili e le emissioni serra.

 

Risposta lunga

Considerando una normale centrale nucleare da 1000MW di potenza elettrica netta ed un fattore di carico dell’80% (fattore di carico medio mondiale), una centrale nucleare è in grado di fornire 7TWh di elettricità, pari al fabbisogno dimestico di oltre 6 milioni di italiani o al totale di quasi 1.2 milioni (http://www.iea.org/stats/electricitydata.asp?COUNTRY_CODE=IT voce “Residential” e “Domestic Supply”). Questa stima è però al ribasso, infatti molte nazioni hanno fattori di carico notevolmente superiori http://www.iaea.org/cgi-bin/db.page.pl/pris.factors3y.htm?faccve=EAF&facname=Energy%20Availability%20Factor&group=Country con punte di oltre il 90% ad esempio negli USA ed in Corea. Tutti i reattori di III gen sono poi stati progettati per avere fattori di carico molto superiori al 90%. Si può quindi modificare la stima al rialzo portandola ad almeno 7.9TWh di produzione elettrica per ogni GW di potenza ogni anno.

Si può poi utilizzare il calore derivante da una centrale nucleare per il riscaldamento domestico tramite teleriscaldamento, questa opzione è ad esempio già largamente utilizzata ed in costruzione in Russia ed in genere nei paesi dell’est, è ora al vaglio in Repubblica Ceca http://www.world-nuclear-news.org/EE_Czech_reactors_could_supply_heat_2008101.html ed è anche stato utilizzato in Svezia per il riscaldamento di un quartiere di Stoccolma (centrale nucleare di Agesta) ed in altre nazioni europee per alcuni reattori. Questo sistema permette di avere un minor impatto sull’ambiente circostante, tramite un minor utilizzo di acque di refrigerazione, di diminuire notevolmente l’inquinamento da combustibili fossili (e quindi ridurne anche l’acquisto) visto che sono utilizzati degli scarti di produzione che altrimenti andrebbero sprecati. Questa soluzione è stata sempre poco utilizzata per il notevole costo dell’impianto di teleriscaldamento (solo l’impiato di teleriscaldamento per il proposto terzo reattore della centrale finlandese di Loviisa doveva costare oltre 3 miliardi per erogare il calore da un reattre di, indicativamente, 1000MW). Non è possibile dire a priori per il teleriscaldamento quanta energia riesca a fornire un reattore da 1000MW, infatti si deve tenere conto dell’efficienza termica del reattore (più è alto meno teleriscaldamento puoi fare) e la distanza fra centrale e centro abitato (maggiore è la distanza e maggiori sono le dispersioni lungo il percorso).

Per una più esaustiva trattazione sulle centrali che producono non solo energia elettrica, si guardi questo documento IAEA, pag 32-47:

http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/iaea-rds-2-30_web.pdf

 

Cosa sono e perchè si usano le torri di refrigerazione?

 

Risposta breve

Sono dei grandi “camini” che sono usati per diminuire il fabbisogno di acqua di un impianto energetico. Utilizzano la naturale convezione (detto anche comunemente “tiraggio”) del vapore acqueo prodotto per raffreddare il vapore del circuito delle turbine di una centrale elettrica, e trasformarlo quindi in nuova acqua per reiniziare il ciclo termodinamico. Grazie alle torri di refrigerazione il fabbisogno minimo di acqua per il funzionamento di una centrale energetica è molto inferiore, questo consente ad esempio di costruire centrali nel deserto (centrale di Palo Verde in Arizona) o con fiumi a bassa o irregolare portata.

 

Risposta lunga

Le torri di refrigerazione, al contrario di come può sembrare dall’esterno, sono internamente totalmente vuote, fatta eccezione per la struttura portante. Sono composte da una parte bassa dove sono situati fasci tubieri per il raffreddamento, a mò di un radiatore, e da una parte media ed alta che è totalmente vuota. Su questo radiatore è continuativamente spruzzata acqua, la quale evapora per il calore del vapore del circuito della turbina che lo attraversa, producendo di conseguenza vapore acqueo che sale per il camino e tramite un “tiraggio” naturale che rende tutto il processo molto economico dal punto di vista energetico, non necessitando di ventilatori per un “tiraggio” forzato. Questo è però anche un limite per questa costruzione, infatti perchè questo processo sia naturale, la costruzione deve essere molto alta e questo dà un notevole impatto visivo per i complessi energetici in genere; esistono anche torri a tiraggio forzato, queste hanno un impatto visivo molto inferiore ma hanno un costo energetico che abbassa la produttività netta dell’impianto (di solito richiedono circa l’1% dell’energia prodotta dall’impianto).

 

La torre di refrigerazione serve per diminuire il fabbisogno di acqua di un impianto elettrico, sono componenti molto comuni per gli impianti nucleari. Possiamo semplificare una centrale elettrica come un semplice ciclo termico, si ha da una parte una fonte calda (il combustibile) ed una fonte fredda (acqua), in mezzo c’è un motore che genera elettricità. Tanto maggiore è la differenza di temperatura fra la fonte calda e quella fredda e tanto maggiore è il rendimento elettrico dell’impianto. Per diminuire gli effetti sull’ecosistema di un impianto di generazione elettrica, sono in vigore severe norme sulla differenza di temperatura massima fra l’acqua presa all’ambiente e quella restituita ad esso. Quando un impianto energetico ha una grande potenza, e deve quindi scaricare nell’ambiente una grande quantità di calore di scarto, può non bastare l’utilizzo di un semplice corso d’acqua e si devono utilizzare le torri di refrigerazione: per scaldare l’acqua serve circa 1kcal (4106Joule) di energia per innanzare di 1°C 1kg di acqua, invece per far evaporare 1kg di acqua si necessita di oltre 540kcal (2.3*10^6 Joule), si nota quindi subito che l’acqua quando evapora asporta molto più calore che tramite il suo semplice riscaldamento. E’ quindi possibile sfruttare corsi d’acqua con portate minori o è possibile diminuire l’impatto ambientale sull’ecosistema.

In Italia le torri di refrigerazione sono state generalmente poco usate, infatti sono presenti numerosi corsi d’acqua con portata regolare (quindi non si necessita di torri per sopperire ad eventuali periodi in cui il fiume ha una scarsa portata) e tutti i grandi impianti energetici (ad esempio Porto Tolle, Civitavecchia, Montalto di Castro, Brindisi) sono tutti sul mare,  rendendo quindi inutile il loro utilizzo, essendo sui fiumi impianti di taglia mediamente molto inferiore. Al contrario sono molto usati in altri paesi europei, come Francia e Germania, in tutte le loro grandi centrali energetiche non costiere.

 

http://en.wikipedia.org/wiki/File:20051029_Belchatow_power_station.jpg

Centrale a carbone polacca di Belchatow, si possono notare di fronte i vapori delle due ciminiere e dietro il vapore acqueo uscente dalle 6 torri di refrigerazione

http://en.wikipedia.org/wiki/File:Nuclear_Power_Plant_Cattenom.jpg

Centrale nucleare francese di Cattenom con le sue 4 torri

http://it.wikipedia.org/wiki/File:Centrale_santabarbara2006.jpg

Centrale italiana a gas Santa Barbara a Carviglia

 

Cos’è il fattore di carico?

 

Risposta breve

Indica l’efficienza produttiva di un impianto, è il rapporto fra le ore di produzione effettive a piena potenza e le ore di produzione teoriche massime dell’impianto in un anno.

 

Risposta lunga

Il fattore di carico indica l’efficienza produttiva di un impianto. Si calcola facendo il rapporto fra le ore (o la produzione energetica) effettiva con la massima produzione teorica in un dato periodo, il periodo standard in cui viene calcolato il fattore di carico è l’anno.  Una fonte energetica con fattore di carico 100% produrrà energia ininterrottamente durante tutto l’arco di un anno, quindi se la fonte fornisce  1kW di potenza, in un anno produrrà 8760kWh di energia, se il fattore di carico è al 30%  produrrà 2628kWh e così via.

Il fattore di carico di un impianto è molto importante a livello nazionale per decidere quanti e quali impianti sono da costruire, in modo da programmare la fornitura di energia e nello stabilire il numero di impianti e potenza necessaria a soddisfare la richiesta enegetica.

Il fattore di carico è anche legato al prezzo di una data fonte energetica, ad esempio,  per  solare ed eolico che hanno costi del combustibile nulli, bassi costi di manutenzione ma alti costi di installazione,  il  fattore di carico incide in modo proporzionale al costo dell’energia prodotta. Aumentando del 10% il fattore di carico di una fonte energetica a bassi costi di manutenzione e gestione si può diminuire del 10% il prezzo dell’energia prodotta.

Se le fonti energetiche utilizzate in un paese hanno un fattore di carico molto alto (come la fonte nucleare) l’approvigionamento di energia sarà pressochè costante lungo tutto l’arco della giornata, cosa che non corrisponde alla domanda. Se invece le fonti energetiche utilizzate hanno un fattore di carico molto basso (come solare ed eolico) si rischia di rendere instabile la rete e non affidabile la fornitura di energia, aumentando i costi a causa della necessità di molti impianti. Quindi il fattore di carico è un parametro importante per la programmazione di un mix energetico efficiente.

 

Il nucleare ha mediamente un fattore di carico dell’80% , con notevolissime differenze nazionali, date dall’efficienza produttiva dei singoli impianti, dalla vecchiaia degli stessi e dalla % della produzione nazionale nucleare rispetto le altre fonti, ad esempio, la Francia ha un fattore di carico del 76.3%, che è dovuto dal fatto che molti impianti sono tenuti non produttivi per lunghi periodi per avere una fornitura elettrica assicurata nel periodo invernale, e vengono anche notevolmente regolati durante il corso del giorno (nel mese di agosto c’è una variazione di potenza che raggiunge anche i 10GW su un totale di circa 45GW in funzione, come accaduto il 15 agosto 2010 http://clients.rte-france.com/lang/an/visiteurs/vie/prod/realisation_production.jsp), cosa che invece nel resto del mondo non avviene non essendo necessaria. In Francia, nei mesi invernali i picchi di potenza raggiungono quasi i 100GW, contro i 60GW estivi, da ciò è necessario programmare il funzionamento degli impianti  energetici nazionali per avere una potenza assicurata nel periodo invernale. Al contrario, negli USA o in Svizzera il nucleare produce circa il 20% ed il 40% dell’elettricità nazionale con un fattore di carico superiore al 90%, questo dato è dovuto alla bassa percentuale nucleare sul mix nazionale che rende la modulazione inutile e consente agli impianti di lavorare sempre a pieno regime e con la massima produttività possibile dall’impianto (in Svizzera questo è aiutato dal fatto che il resto della produzione elettrica è da fonte idroelettrica).

http://www.iaea.org/cgi-bin/db.page.pl/pris.factors3y.htm?faccve=EAF&facname=Energy%20Availability%20Factor&group=Country

 

 

 

Comments

Comment by barbara on 2012-02-22 15:37:49 +0000

la fusione fredda. conosci studi importanti in corso?

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