“Je suis Charlie” ogni giorno. E tu?
Il giornalismo visto da un’altra prospettiva: fattori esterni e interni che quotidianamente limitano la libertà di espressione e demoliscono il giornalismo.
7 Gennaio 2015, la sede di Charlie Hebdo – periodico satirico francese – è stata colpita da un attentato terroristico nel quale 12 persone sono rimaste uccise. Notizia letta fra gli ultimi aggiornamenti di BBC News, stretta allo stomaco, sconcerto, incredulità: una capitale europea è stata attaccata e dei giornalisti sono morti in una paese occidentale e non in guerra (sottolineiamolo, perché è questo che ha fatto la vera differenza).
I continenti in subbuglio, cordoglio (com’è giustissimo che sia) da parte di capi di stato d’ogni paese, dei cittadini scesi nelle piazze a manifestare e, non trascuriamolo, del mondo dei social networks.
La vicinanza mondiale è stata commovente e lo sdegno mostrato rassicurante. Tralasciamo poi chi ha dato libero sfogo a commenti inappropriati e filosofie razziste, politiche campate in aria e desiderio di giustizia. Superiamo per il momento anche il particolare religioso (da non sottovalutare, ovviamente) che ancora indigna chi non si rende conto di quante vittime ha causato ogni tipo di religione nel corso dei secoli. Non è il momento di parlarne ora, sono altre storie.
Cabu, Cayat, Charb, Honoré, Tignous, Wolinski, Boisseau, Brinsolau, Maris, Merabet, Ourrad, Renaud sono le vittime dell’attacco a Charlie Hebdo, giornalisti, custodi e agenti di polizia. La stampa è stata deliberatamente attaccata e con essa la sua libertà di espressione. Uccidere in nome di un qualsiasi Dio non è giusto, sia chiaro. Uccidere per tappare la bocca a chi esprime la sua (per quanto quel genere di satira possa non piacere) lo è ancora meno. Ma in questo scenario di forse finto buonismo e malcelato sconcerto, c’è ancora qualcosa che non va.
Certo, non si può ogni giorno pensare ai massimi sistemi e su di essi filosofeggiare o protestare. Ma penso sia importante rendersi conto di come il giornalismo, e con esso la libertà di stampa e d’opinione, siano ogni giorno attaccati da più fronti.
Infatti, secondo l’organizzazione indipendente Commitee to protect journalists (Cpj), dal 1992 sono 1.068 i reporter uccisi in zone di guerra, 71 solo nel 2013. Ma sicuramente nomi come Guido Puletti, Italo Toni o Simone Camilli vi dicono poco e niente. Forse vi ricorderete di Ilaria Alpi, morta nel ’94, ma magari non sapete che Almerigo Grilz è stato il primo italiano inviato di guerra a morire dopo la seconda guerra mondiale.
Peter Greste, Mohammed Fahmy, Baher Mohammed sono i tre inviati di Al-Jazeera imprigionati, più di un anno fa, e condannati a sette di carcere. L’accusa è di aver sostenuto i Fratelli Musulmani.
Saviano vive sotto scorta dal 2006 per aver denunciato la camorra.
Mentre, stando ai dati dell’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani), nel 2013, 2948 giornalisti professionisti italiani (ovvero coloro che per legge dovrebbero vivere ‘di giornalismo’) sono rimasti disoccupati. Secondo il Sole24ore, RCS Media Group (Rizzoli-Corriere della Sera Media Group S.p.A.) nel 2013 ha annunciato 800 esuberi di cui 600 in Italia tra personale giornalistico e non; 10 le testate chiuse.
Passiamo poi a coloro che fino a ieri criticavano i giornalisti, per la loro presunta ignoranza e incapacità, classificando negativamente tutta la categoria.
E ancora, guardiamo a quei professionisti che insultano il loro mestiere a causa della corruzione alla quale si arrendono o, semplicemente, dell’incapacità (sì, molti rimangono comunque incapaci) che non permette loro di svolgere questo lavoro con deontologia e professionalità.
Per concludere, vorrei appellarmi a coloro che non s’informano e non leggono (anche a quelli che lo fanno solo per metà) a guardare oltre, ad approfondire la notizia e a non fermarsi a un’unica fonte; e così a non innalzare solo pochi eroi e a ignorare tutti gli altri.
E invito i giornalisti italiani, o aspiranti tali, a non arrendersi a un sistema convinto di poter sfruttare i lavoratori facendoli scrivere gratis o malpagati. È un mestiere nobile e rilevante per la società in cui viviamo e, così come altri, merita di essere riconosciuto e retribuito.
E infine, a quelli che pensano stia scrivendo di qualcosa ormai superato, affinché non si arrendano alla logica perversa dei media, secondo la quale bisogna sempre e solo rincorrere la notizia. Anche se essa è stata superata, non significa che bisogna per forza voltare pagina, ogni riflessione a suo riguardo è sempre ben accetta.
E si potrebbe stilare una ben più lunga classifica di fattori che intaccano il mestiere del giornalismo e con esso la libertà di stampa. Ma per il momento è meglio fermarsi qua e lasciare spazio a una delle più grandi firme italiane, la quale può forse aiutare a meglio comprendere il quadro generale.
Ho fatto questo mio mestiere proprio come una missione religiosa, se vuoi, non cedendo a trappole facili. La più facile, te ne volevo parlare da tempo, è il potere. Perché il potere corrompe, il potere ti fagocita, il potere ti tira dentro di sé! Capisci? Se ti metti accanto a un candidato alla presidenza in una campagna elettorale, se vai a cena con lui e parli con lui diventi un suo scagnozzo, no? Un suo operatore. Non mi è mai piaciuto. Il mio istinto è sempre stato di starne lontano. Proprio starne lontano, mentre oggi vedo tanti giovani che godono, che fioriscono all’idea di essere vicini al Potere, di dare del “tu” al Potere, di andarci a letto col Potere, di andarci a cena col Potere, per trarne lustro, gloria, informazioni magari. Io questo non lo ho mai fatto. Lo puoi chiamare anche una forma di moralità. Ho sempre avuto questo senso di orgoglio che io al potere gli stavo di faccia, lo guardavo, e lo mandavo a fanculo. Aprivo la porta, ci mettevo il piede, entravo dentro, ma quando ero nella sua stanza, invece di compiacerlo controllavo che cosa non andava, facevo le domande. Questo è il giornalismo.
Comments
Comment by Pid on 2015-02-02 16:01:12 +0000
QUANTO PAGA IL GIORNALISMO IN iTALIA : http://www.slideshare.net/vittorio.pasteris/tabella-compensi-testate?utm_source=slideshow&utm_medium=ssemail&utm_campaign=upload_digest
Comment by chiara on 2015-02-06 16:34:03 +0000
Grazie per aver condiviso questo link, rendono molto bene l’idea.
Non solo le cifre sono al quanto assurde, ma lo è ancor di più il fatto che ci siano persone ormai convinte che essere pagate sporadicamente sia un vero privilegio, se paragonato a chi non ha nemmeno l’onore di scrivere gratuitamente.